mercoledì 31 luglio 2013

La ricerca della felicita'

Tutti ricercano la felicita' ma spesso abbiamo idee sbagliate su cosa sia realmente.
La maggior parte delle persone pensa che la felicita' sia guadagnare molto, avere una Ferrari, gioielli, poter comprare tutto ciò che si desidera senza problemi. Ebbene, pare non essere cosi' .... E' stata condotta una ricerca su persone che avevano fatto una vincita significativa o ereditato somme e beni rilevanti. Se in un primo momento la loro percezione di felicita' risultava elevata a distanza di un anno le stesse persone risultavano ancor più infelici rispetto ai tempi precedenti la vincita o l' aver ereditato. 
La felicita' e' uno stato di equilibrio tra il desiderabile ed il possibile e se la crescita economica non va di pari passo con una crescita personale il rischio e' di sentirsi ancor più infelici.
Esistono persone che per tutta la vita vivono in uno stato di squilibrio ... quelli che una persona a me cara definisce "vorrei ma non posso". Queste persone si agitano molto, cercano di dare un'immagine di se' completamente diversa da come in realtà sono e vivono imprigionati nei loro schemi mentali. Diventano cosi difficili le relazioni con gli altri, aumentano le frustrazioni e i nemici immaginari ... Sono in sostanza incapaci di vivere in modo fluido e libero.
La felicita' sta nelle cose semplici. 
E' stato chiesto ad alcuni stilisti famosi "cos'e la felicita' ?" e vediamo cosa hanno risposto....
Dean e Dan Caten, DSQuared2 - "la vita, mio fratello, il lavoro e i sogni"
Vivienne westwood -"lottare per quello in cui si crede, dimostrare un interesse verso qualcosa, impegnarsi per salvare l'Artico e la foresta pluviale, per tutelare il nostro pianeta dal cambiamento climatico"
Poter Dundas, Emilio Pucci- "il mio lavoro: sono un uomo fortunato. E' la sensazione di calore al cuore che sento quando vedo un colore che mi piace, una stampa riuscita o un abito in movimento"
Massimo Giornetti, Ferragamo - "il sentimento assoluto che provo di fronte al manifestarsi della bellezza: l'arte, il cinema, la musica, la letteratura. Gustare il sapore di un'eccellente cucina. La complicità di un legame sincero. L'intimità di una profonda amicizia"
Domenico Dolce e Stefano Gabbana - "guardare due bambini giocare, il tramonto sul mare e l'albanese in città. La nostra famiglia e gli amici, incontrare una donna che indossa un nostro abito. E il nostro lavoro!"
Viktor & Rolf - "la nostra amicizia. Riuscire ancora a essere creativi dopo vent'anni di lavoro insieme ci riempie di gratitudine reciproca"
Mariuccia Mandelli, Krizia - " lavorare, creare e pensare sempre a nuove idee"
Alessandro Dell'Acqua - "quando a fine sfilata tutto e' andato bene e sei contento perché raccogli i frutti di tanti mesi di lavoro"
Marc Jacobs, Louis Vuitton-" e' un amore speciale. E' dolcezza e divertimento. E' empatia tra la vista e le sensazioni. La magia della moda che disegno, e' un sentimento che non trova fine, non importa dove ti porta e cosa raggiunge: non vorresti mai interromperla"
Laura Lusuardi, Max Mara - " quando sogni una collezione e poi la vedi realizzata esattamente come te l'aspettavi"
Francisco Costa, Calvin Klein- " quando c'e' una ragione per sorridere"
Massimo Giorgetti, Magm- " correre il rischio di essere sfrontato nella mia creatività "
Paul Smith - "la cosa che mi rende felice e' svegliarmi ogni giorno"
FedericoPiaggi e Stefano Citron, Gianfranco Ferre' - "ancora, dopo tanti anni, vedere le nostre idee e i nostri desideri sui bozzetti evolversi in forme e tessuti e diventare infine abiti di una collezione"

Beh, traete voi le vostre conclusioni ...

Vi lascio con questa frase di Viktor Frankl 

"sempre più persone oggi hanno i mezzi per vivere, ma non danno alla vita un significato per cui vivere"





martedì 30 luglio 2013

Il coraggio di superare le difficoltà

Non e' facile perseguire i propri obiettivi, specie in un momento particolare come questo, quando tutto attorno sembra spingerci all'immobilismo assoluto. Timori, perplessità, preoccupazioni, paura ... Agiscono come freni. Il motto nei momenti di crisi e' "non rischiare".
Il punto e' che se nessuno fa nulla, nulla potrà mai cambiare.
Iniziamo con il non sprecare che e' comunque un obbligo morale. Evitare di perdersi in cose superflue e' una grande lezione di vita. Tornare all'essenziale, al piacere delle piccole cose, dei piccoli gesti e' un segnale e l'inizio di un percorso di crescita personale.
Cominciamo a fare le cose che possiamo fare. Tante volte siamo bravi a trovare scuse: c'e' la crisi, aspettiamo tempi migliori, i politici non fanno nulla.... Ma noi, cosa possiamo fare? Cosa possiamo cambiare noi? 
 Se smettessimo di occuparci di aspetti che non dipendono da noi e sui quali non abbiamo alcuna influenza e ci soffermassimo a riflettere su ciò che noi possiamo cambiare nel nostro piccolo troveremmo sicuramente il coraggio di andare avanti nonostante le difficoltà.



Benessere e Motivazione

In questi giorni sto osservando con attenzione e divertimento lepersone che vedo per strada e sono tutte agitate, frustrate, arrabbiate, irascibili, in altre parole sono incapaci di essere felici. Entrate in un ufficio postale o al supermercato e sentite che si lamentano sempre di tutto: lavoro, casa, marito, compagno, amante, figli, società, politica, ecc … Tutto sembra essere contro di loro o almeno questa è la loro sensazione …
Ma cosa fanno per cambiare questo loro stato? Nulla.
Dietro la loro frenesia, la loro negatività c’è un atteggiamento passivo di pretesa/attesa e intanto il tempo passa … E’ un po’ come guardare un film ed esclamare “Uffa, che noia!” quando si potrebbe benissimo cambiare canale o, meglio ancora, spegnere la TV.
Calate tutto questo nel mondo del lavoro e capirete perché le persone stanno male.
In tredici anni di lavoro come consulente e formatrice in varie realtà organizzative ho potuto osservare diverse situazioni che mi hanno fatto riflettere sul tema del benessere e della motivazione.Un tema a me caro che studio ed approfondisco da diversi anni.
L’incapacità di vivere pienamente la propria esistenza, ed il lavoro ne è un aspetto importane; ha notevoli ripercussioni sul proprio e altrui stato psico-fisico.
Assisto spesso a situazioni in cui le persone hanno la necessità di non stare ferme, condizione che può essere fisica o mentale, quasi avessero il terrore di chiedersi “ma io, chi sono?” ,“Che senso ha quello che faccio?”, “Posso farlo meglio?”.
Purtroppo il silenzio e il meditare su se stessi, l’essere in sintonia con la propria essenza più intima fa paura. Meglio allora riempire i vuoti di tempo che sono poi i vuoti dell’anima, per non pensare, per essere trasportati dall’onda non si sa dove e non si sa perché.
E così nelle organizzazioni si sviluppano situazioni di assoluto non senso … Nascono ripicche, pettegolezzi, dispetti, conflitti … Ma a chi giova tutto questo mi chiedo?
Ricordo che tanti anni fa durante un corso di formazione avevo in aula diverse persone che subito si sono poste sulla difensiva dicendo: “Noi siamo come una famiglia, ciò che ci rovina sono solo i pettegolezzi!”. Io e il mio collega abbiamo lasciato ampio spazio a questo loro interloquire sui pettegolezzi e alla fine ci hanno detto “Voi cosa ne pensate?”. E noi : “Smettete di farli se vi fanno stare così male!”… Ricordo ancora i loro volti attoniti.
“Come?” ha detto una signora. E noi “Certo chi li fa i pettegolezzi e chi vi può impedire di farli? Solo voi! Quindi smettete di farli!Non penserete mica che debba arrivare una comunicazione ufficiale per impedirvi di fare dei pettegolezzi?”. Da quel punto in poi è nato un rapporto di grande collaborazione e messa in discussione dei partecipanti che ha portato ha notevoli risultati in termini di benessere, motivazione e redditività per l’azienda.
Bravi noi? No!
Non ci attribuiamo questo merito perché sarebbe iniquo. Ogni persona ha già le soluzioni dentro di sè; il compito di noi formatori è farle venire fuori, ovvero facilitare i processi di cambiamento e far vedere loro la realtà da un altro punto di vista.
Vicktor Frankl una volta disse “la ricerca di significato da parte dell’uomo è la motivazione principale della vita e non una razionalizzazione secondaria delle forze istintive”.
Ed è da qui che vorrei partire per riflettere sul perché tante volte ci troviamo a consumare il nostro tempo dietro cose inutili o ad arrabbiarci, soffrire, stare male perché qualcuno ci ha detto …, ci ha fatto …, non ci ha capito … Non sono queste le cose importanti. Chiediamoci invece quale senso vogliamo dare alla nostra esistenza, al nostro lavoro … e allora i pettegolezzi, il malessere, i dispetti, i rancori passeranno in secondo piano e non avranno più alcun senso.
Il mio è un invito a prendere in mano la propria vita, sia professionale sia personale, e cominciare ad agire. Non aspettate perché il vostro benessere è importante.
Tante volte quando tengo sessioni formative sul benessere e la motivazione noto che le persone pensano alla motivazione come a qualcosa che deve ancora accadere e quando chiedo di specificare meglio ciò che intendono per motivazione appare chiaro chequello che si deve cambiare è sempre qualcosa che riguarda l’esterno (un nuovo lavoro, una nuova casa, un altro capo, ecc …). Quindi rimangono in attesa che qualcosa cambi … Ma non è così che funziona!
Motivazione significa avere un motivo, una ragione per agire.
Essere motivati e stare bene dipende solo da noi. Esistono solo due scelte possibili nella vita “accettare le cose così come sono”rischiando di stare male, essere insoddisfatti, infelici, agitati, in continua attesa oppure “accettare la responsabilità di cambiare”(Denis Waitey). E’ solo nostra la scelta. Essere felici è una scelta che si fa tutti i giorni se si ha chiaro quale senso dare alla propria esistenza.
Fatevi questa domanda: “Che senso voglio dare alla mia vita?” “Che senso voglio dare al mio lavoro?”

 

mercoledì 17 luglio 2013

Fai della tua vocazione il tuo divertimento

"Il segreto del successo nella vita e' fare della tua vocazione il tuo divertimento" 
Mark Twain

Mi sono trovata ad occuparmi di formazione un po' per caso e con quella giusta dose di fortuna che magari non si e' in grado di comprendere nell'immediato.
Ricordo che all'inizio mi chiedevo :"Che ci faccio io in un'azienda? Cosa avro' da insegnare a questa gente che senz'ombra di dubbio ne sa piu di me?"
Premetto che sono partita da molto lontano...oggi e' la prima cosa che dico quando formo i miei collaboratori.... "Se sono riuscita io, possono riuscire tutti". 
Già, dovete sapere che come psicologa sperimentale fino a qualche giorno prima di intraprendere questa professione mi occupavo di esperimenti scientifici in laboratorio sull' apprendimento, i disturbi dell'apprendimento, i ritmi circadiani e la loro influenza sull'apprendimento, ecc...ecc... E per di più ero solita chiamare le persone soggetti! Proprio cosi soggetti....
E' chiaro che partivo da zero... Dovevo imparare tutto e mi sono messa in gioco, ho mandato giù tanti rospi, sopportato comportamenti scorretti nei miei confronti, ho lavorato per diverso tempo senza percepire alcun compenso ma mi sembrava giusto (almeno allora) dovevo imparare tutto e in fretta. Non dovevo perdere altro tempo.
E cosi e' iniziata la mia avventura nel mondo della formazione. Scoprendo quasi subito che e' un mondo dove l'apparenza conta in genere più dei contenuti, dove non e' facile introdurre delle novità, dove si parla tanto di importanza di risorse umane ma alla fine si fa ben poco, dove i cambiamenti sono solitamente operazioni di semplice make up.
Potevo io adattarmi a tutto questo? Certamente no! Quando mai ho scelto la via più facile nella mia vita?
E per non smentirmi ho cominciato a farmi delle domande, ad approfondire aspetti esistenziali, filosofici arrivando a sostenere che chi fa formazione deve occuparsi principalmente di insegnare ad Essere e poi ad acquisire tutte le competenze necessarie per il Fare. Insieme alla persona che mi ha selezionata e anche formata abbiamo cominciato a progettare la formazione mettendo al centro della nostra attenzione la persona e finalizzare i nostri interventi al Bene-Essere per passare al Bene-Fare ed infine al Bene-stare. Allineare e far convergere i desideri e le attese dell'imprenditore e del lavoratori. Il Benessere e' benessere per entrambe le parti. Abbiamo fatto questo in tempi in cui di benessere nelle aziende non parlava nessuno. 
All'inizio sicuramente qualcuno ci ha preso per matti.
Ma non eravamo contenti. C'era qualcosa che ancora non andava: percorsi troppo lunghi e con scarsa possibilità di monitorare i risultati... Ci siamo rimessi a studiare, abbiamo messo a punto un metodo, lo abbiamo testato, migliorato, affinato...fino a definire nei minimi dettagli un metodo atto a raggiungere risultati efficaci in tempi brevi, in modo personalizzato, più aderente al modo di funzionare del nostro cervello, con possibilità di applicazione immediata sul campo e step di verifica e monitoraggio dei risultati.
E cosi ho scoperto che questo era il lavoro che volevo fare e che univa due aspetti che mi caratterizzano: il desiderio di poter sperimentare, innovare, usare la mia creatività e aiutare gli altri in un percorso di Benessere. 
Affiancare aziende in un percorso chiamato successo e le persone nel loro percorso di crescita personale e professionale e' ciò che faccio, che voglio fare ed e' soprattutto ciò che da' un senso al mio lavoro. Un senso che va oltre il guadagno e le ore di lavoro.
Spesso mi capita di sentire frasi del tipo "tutto questo lavoro uccide", "passiamo più tempo al lavoro che con la nostra famiglia", "non vedo l'ora di andare in ferie", "al lavoro il tempo non passa mai"... A queste persone consiglio di porsi delle domande, anzi forse una sola: "qual e' il senso di ciò che sto facendo? Qual e' il senso che voglio dare alla mia vita?"
Se fai del tuo lavoro la tua passione non c'e' differenza tra tempo libero e lavoro, divertimento e fatica... E' quello stato di "flow" che Mihaly Csikszentmihalyi ha coniato nel 1975, definendo quello stato di pienezza, di realizzazione, di felicita' che si verifica quando tutto si svolge in armonia con le nostre decisioni. Il Flow e' uno stato che presuppone passione e creatività. 
Passione e creatività e' ciò di cui mi occupo, ciò che faccio e da' un senso alla mia vita.



martedì 16 luglio 2013

Ogni uomo e' un'artista

In questi giorni mi e' capitato di pensare spesso alla ormai celebre frase di Joseph Beuys "Ogni uomo e' un'artista".
La crisi dell'uomo contemporaneo, la perdita di identità , sono le motivazioni essenziali che hanno impegnato tutta la vita di questo uomo e della sua arte.
Egli ricercava attraverso la realtà una via di accesso alla verità, che non riconduceva all'arbitraria invenzione del sistema in cui viviamo. Secondo Beuys questa verità esiste già nel mondo; l'uomo non deve fare altro che riscoprirla, attraverso se stesso e nella natura. Quindi "l'uomo e la natura, con l'animo riconciliato, costruiranno un mondo vero". Questa e' la sintesi del pensiero beuysiano.


La creatività e' per Beuys strettamente legata alla natura di tutti gli uomini e da essa non può inoltre essere disgiunta in alcun modo una profonda connotazione di libertà.
"Ogni uomo e' un artista". Con questo slogan, spesso frainteso, Beuys non vuole affermare che ogni persona e' un pittore, uno scultore; il riferimento e' alle qualità di cui ogni persona può avvalersi nell'esercizio di una professione o mestiere, qualunque esso sia.


Quanti di noi considerano il proprio lavoro una forma d'arte? 
Come cambierebbe la nostra vita se mettessimo tutto il nostro entusiasmo in ciò che facciamo?
Chi si e' mai chiesto se quello che facciamo ha un risvolto positivo per la società ? Chi trova beneficio in ciò che realizziamo con il nostro lavoro?
Forse saremmo meno depressi, stressati, frustrati, apatici, annoiati!
Quindi?
Dipende sono da noi. Rimbocchiamoci le maniche, lavoriamo (indipendentemente da ciò che facciamo) con lo stesso entusiasmo, la stessa passione, la stessa dedizione che un'artista mette nel realizzare la sua opera d'arte. 
Il nostro lavoro e' una forma d'arte!

Il lavoro ci rende liberi e può essere fatto con entusiasmo anche quando non siamo capiti, anche quando nessuno ci dice "bravi", anche quando la crisi rende tutto più difficile...dipende solo da noi! Cosa vogliamo fare? Continuare a guardare l'orologio nell'attesa che scada il tempo necessario per timbrare il cartellino o vivere serenamente e con soddisfazione il nostro lavoro?



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lunedì 15 luglio 2013

Non rimandare a domani

"Non rimandare a domani ciò che potresti fare oggi" (Benjamin Franklin)

Se oggi non stai vivendo la vita che desideri è perchè ieri hai deciso di rimandare a domani.
Non si tratta di essere affetti da una malattia; a tutti è capitato e continuerà a capitare di non avere voglia di fare una determinata cosa oggi e di rinviarla a domani. Siamo esseri umani e può capitare purchè sia una scelta consapevole e saltuaria.
Il problema sussiste quando il rinviare diventa un'abitudine che accompagna la nostra vita.
E' un'abitudine dannosa perchè ci impedisce di realizzare ciò che vogliamo; limita le nostre potenzialità e la realizzazione dei nostri "sogni".
Perchè tendiamo a rimandare decisioni, cose da fare, sogni, ecc...?
C'è chi rinvia per paura. Paura di fallire, di non essere all'altezza ma anche paura di riuscire perchè comporterebbe un cambiamento. I cambiamenti sono tanto desiderati quanto temuti perchè comportano sempre un salto nel buio, una situazione di incertezza, un qualcosa che non conosciamo.
C'è chi rinvia nell'affannosa quanto inutile rincorsa alla perfezione. Bene, la perfezione non esiste, pertanto è sempre meglio iniziare anzichè aspettare che tutto sia perfetto.

"Non aspettare, non arriverà mai il momento perfetto. Inizia con ciò che hai a disposizione. Condizioni migliori si presenteranno lungo la strada. Semplicemente inizia." (Napoleon Hill).

C'è chi rinvia perchè continuamente distratto da qualcosa di diverso: internet, facebook, la TV, ecc...
In tutti i casi si tratta di scuse!

"Rinviare è una trappola. Troverai sempre delle scuse per rinviare. Ma la verità è che esistono soltanto due cose nella vita: le scuse ed i risultati, e con le scuse non si va da nessuna parte." (Robert Anthony)

Quindi? Impariamo a non rinviare tutto a domani, rimbocchiamoci le mani e facciamo oggi ciò che ci siamo proposti di fare! E' sicuramente un modo per realizzare i nostri sogni, i nostri desideri ed avere successo!!



martedì 9 luglio 2013

Diciamo No! Alla globalizzazione dell'indifferenza!!!

La globalizzazione e soprattutto la fluidità del mondo moderno ha reso sempre più difficile "l'incontro con l'altro". Un altro divenuto diverso, sconosciuto e pertanto ostile, da guardare con assoluta diffidenza. In pochi si sono chiesti "perché'" o se questa diversità non potesse essere un vantaggio, un'occasione di crescita e arricchimento reciproco, una sorta di scambio di tradizioni, lingua, cultura, ma soprattutto di punti di vista. Quel modo diverso di leggere la realtà che fa crescere ed essere più respons-abili (=abili a dare delle risposte agli accadimenti) e che al tempo stesso avvicina all'altro.

E' diventato quasi un dogma: ha un colore di pelle che non e' il nostro, parla un'altra lingua, ha altre abitudini quindi e' diverso. I media non fanno che alimentare questa credenza, basta leggere i fatti di cronaca: "extracomunitario preso a rubare in un supermercato" , "extracomunitario stupra....", "extracomunitario uccide...".... Eppure ci sono tante persone, la maggior parte, che provengono da altri Paesi, anche molto lontani, che lavorano e sono delle brave persone.... perché di queste non si parla mai? 

In questi giorni papa Francesco con le sue parole ha scosso la coscienza di tutti, anche di coloro che sono sempre stati sordi, indifferenti ed egoisti nei confronti del prossimo.
La cultura del benessere, dice il papa, ci rende "insensibili alle grida degli altri", ci fa vivere "in bolle di sapone", in una situazione che porta "all'indifferenza verso gli altri". Di più oggi c'e' una "globalizzazione dell'indifferenza", "ci siamo abituati alla sofferenza dell'altro, non ci riguarda, non ci interessa, non e' affar nostro." Sono parole forti, che catturano l'attenzione anche di coloro che non credono, che non sono mai andati  in chiesa. Anche un'agnostica come me viene rapita da queste parole; mi sento messa di fronte a delle responsabilità e mi inducono a riflettere. 

Se ci pensiamo bene l'emigrazione come fatto sociale ha sempre assunto una valenza collettiva. Questo significa che non e' mai stata considerata nella sua dimensione individuale, come percorso personale ed esistenziale del soggetto. 
Una famiglia che emigra porta con se', oltre al dolore dell'esilio, i traumi del viaggio, le difficoltà economiche e linguistiche, l'esclusione sociale, una sorta di "sorda sofferenza psichica" come la definisce M. Rose Moro.
Ma non dobbiamo andare molto lontano, talvolta l'indifferenza riguarda il vicino di casa di cui spesso non conosciamo neppure il volto, il collega al quale non concediamo un cambio turno, ecc...
Questo nostro modo di vivere e di essere ci rende più forti? 
Questa indifferenza ci protegge?
Di cosa abbiamo paura?

La paura....la paura di guardarci dentro, di non essere all'altezza, di cedere qualcosa che ci appartiene...
La paura ci isola sempre di più.
La paura ci impedisce di realizzare il nostro progetto al mondo! Un progetto che non possiamo realizzare da soli; non dimentichiamoci che siamo "animali sociali", abbiamo bisogno di vivere in comunità, di interagire con gli altri perché l'interazione e' confronto, crescita e scoperta di se stessi.
Se vogliamo vivere una vita più serena e felice diciamo "No alla globalizzazione dell'indifferenza!" e cominciamo a guardarci in faccia, non evitiamo gli sguardi. Levinas, sostiene che guardare il volto dell'altro significa farsi carico delle sue sofferenze; guardare il volto dell'altro ci responsabilizza!




venerdì 5 luglio 2013

Martin Seligman. Imparare l'ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero.

PIl titolo potrebbe far pensare al solito libero di self help o manuali sull'arte di vivere ebbene, lavorare poco e uscire prima dall'ufficio... In realtà questo libro rivela i risultati di studi scientifici confermati da oltre 25 anni di ricerche.

Martin Seligman, professore all'University of Pennsylvania, inizia questo saggio presentando due modi opposti di vedere il mondo: quello pessimista e quello ottimista fornendo una serie di esempi.
Seligman e' convinto che l'odierno dilagare della depressione sia legato al maggiore orientamento della società verso l'individualismo esasperato rispetto alla condivisione. Il persistere in questo stato di sofferenza può portare ad effetti opposti, ovvero al totale abbandono dell'individualismo e del "se' massimo", comprese le conquiste ad esso legate, per un ritorno al "se' minimo". 
Seligman propone di utilizzare il se' massimo per investire meno su noi stessi e più sui valori comuni, al fine di esercitarci in quello che lo stesso autore chiama "jogging morale", e propone delle attività socialmente benemerite da svolgere come esercizio antidepressivo, sottolineando che il vantaggio di tali azioni e' soprattutto per se stessi. L'altra chance consiste nell'apprendere ad affrontare la vita in modo ottimistico in quanto questo atteggiamento porta ad essere più equilibrati e consapevoli (ottimismo flessibile).

La passione...questa grande alleata che pochi conoscono

"Un uomo chiamato a fare lo spazzino dovrebbe spazzare le strade così come Michelangelo dipingeva, o Beethoven componeva, o Shakespeare scriveva poesie. Egli dovrebbe spazzare le strade così bene al punto che tutti gli ospiti del cielo e della terra si fermerebbero per dire che qui ha vissuto un grande spazzino che faceva bene il suo lavoro." 
(Martin Luther King Jr.) 

Ieri ho assistito ad una riunione che mi ha fatto riflettere.
Mi sono chiesta con che spirito le persone oggi vanno a lavorare?
Mi guardo intorno e penso...
Chiudono aziende tutti i giorni ma non vedo la fila di gente alla ricerca di una nuova occupazione davanti ai cancelli di quelle che combattono per restare aperte.
Ogni mattina osservo la fila davanti alla Caritas e mi si stringe il cuore nel constatare che e' sempre più lunga.
Cosa sta succedendo?
Perché chi ha un lavoro non e' felice?
Perché le persone non vengono riconosciute per ciò che valgono?
Perché tutte le scuse sono buone per prendersi un giorno di malattia quando semplicemente ci si alza con un mal di testa? Chi si danneggia? L'azienda o i propri colleghi?
Cosa sta ammalando il mondo del lavoro?
Perché il lavoro fa soffrire? Non dovrebbe essere il contrario?

Mio nonno era un operaio, faceva i turni e lavorava l'amianto. In tutta la mia vita non l'ho mai visto astioso, arrabbiato o depresso. Anche quando la malattia lo consumava giorno dopo giorno aveva sempre la battuta pronta, una parola gentile per tutti: parenti, infermiere, medici, amici.... L'ho visto alzarsi all'alba prendere l'autobus o la bicicletta per andare al lavoro. C'e' andato con la febbre, la pioggia, la neve, la nebbia, il caldo che toglieva il respiro. 
Il suo stipendio era modesto ma e' sempre stato generoso con le persone che avevano bisogno. Diceva che si può sempre rinunciare a qualcosa. Non so se e' stato felice ma sicuramente e' stato sereno. Ha messo passione in tutto ciò che ha fatto. Ha fatto con passione anche l'operaio; perché ha un senso essere operai!

La passione...
Questa nostra grande alleata di cui ci siamo dimenticati...
E' nei momenti difficili che occorre passione.
E' quando si perde la speranza che la passione può esserci d'aiuto.
Quando non siamo riconosciuti per quello che siamo o facciamo, quando prendiamo "mazzate" da tutte le parti la passione allevia il dolore e ci fa vedere oltre...
Quando desideri ardentemente ottenere determinati risultati la passione non ti fa sentire la fatica.
Per vivere occorre passione; senza passione si consumano i giorni.... 
La passione ci fa ritrovare il senso della nostra vita, del nostro lavoro, del nostro essere....

Anche nelle aziende bisogna cominciare a parlare di PASSIONE!