venerdì 29 novembre 2013

Qui ed ora

"Non aspettare il momento giusto per fare le cose. L'unico momento giusto è ora". Il mio lavoro consiste nell'accompagnare imprese e organizzazioni a realizzare i loro obiettivi. Insieme ai miei colleghi le affianchiamo in processi di sviluppo e cambiamento talvolta anche complessi e ciò che mi ha sempre colpito nel fare questo lavoro è l'analisi della risorsa "tempo". Specie oggi, che viviamo nell'incertezza più assoluta, dove fare piani triennali è pressochè impensabile...l'aspetto tempo ha assunto un'importanza ancora più rilevante. Occorre essere concentrati, essere nel qui e ora, per poter prendere decisioni tempestive, veloci, efficaci ed efficienti. E invece assisto a tentennamenti, paure, pensieri e idee poco chiare, dubbi... Tutto questo è comprensibilissimo ma anche molto pericoloso: ci sono treni che occorre prendere al volo perchè non tornano più indietro! Il tempo non si ricrea. Esso è l'esempio assoluto dell'imperfezione umana: non è, infatti, la perfezione, per sua natura "eterna"? Se un manager o un imprenditore non padroneggiano il tempo, vuol dire che sono gestiti dal tempo e pertano non sono responsabili di ciò che fanno e degli effetti del loro agire ... semplicemente aspettano e subiscono gli eventi. C'è un richiamo etico a questo atteggiamento attendista: aspettare e subire gli eventi può mettere a repentaglio non solo la propria azienda ma anche l'esistenza delle persone che vi lavorano; meglio allora organizzarsi, darsi da fare, organizzare dei gruppi di miglioramento interni in modo da coinvolgere e responsabilizzare il personale, ecc ... Se ci si isola e ci si abbandona in balia di ciò che potrà accadere il rischio è grande per tutti. Forza allora, rimbocchiamoci tutti le maniche, diamoci da fare e se si commetterà qualche sbaglio lo si potrà correggere in itinere... Solo chi non fa non sbaglia mai...

venerdì 15 novembre 2013

La consapevolezza di sé

L'iscrizione sul tempio dell'Oracolo di Delfi, "Conosci te stesso", riassume l'insegnamento socratico a trovare la verità dentro di sé, evidenziando l'importanza della auto-consapevolezza nello sviluppo umano. Allo stesso modo le tradizioni antiche invitavano l'individuo al risveglio della coscienza e la maggior parte delle pratiche meditative mirano tutt'oggi al cosiddetto risveglio interiore. Nella moderna psicologia si parla di processi metacognitivi o di coscienza autoriflessiva: termini diversi che fanno riferimento ad una funzione umana fondamentale. L'essere umano, oltre alla coscienza, ha anche la possibilità di essere cosciente di se stesso: la consapevolezza di sé implica il riconoscimento dei propri pensieri e delle proprie emozioni ma anche dei propri schemi di comportamento, delle proprie difficoltà o blocchi, così come dei propri desiderio e aspirazioni. Nella teoria che sottende l'orientamento gestaltico la consapevolezza è la fase, all'interno del ciclo dell'esperienza umana, che precede e rende possibile la scelta: se so cosa sento,posso muovermi di conseguenza; se sono consapevole delle mie pulsioni, così come dei miei bisogni o desideri, smetto di ingannarmi e di proiettare sugli altri qualcosa che appartiene a me. La consapevolezza, in altri termini, porta alla libertà di scelta e, di conseguenza, alla responsabilità. "La consapevolezza - sostiene Goleman - è la competenza emozionale fondamentale sulla quale si basano tutte le altre" (1996). La consapevolezza in ogni caso è un processo: non consiste in un fenomeno del tipo "tutto o nulla"; questo è estremamente importante da riconoscere. Spesso infatti, la consapevolezza è stata spacciata da certi gruppi a sfondo psico-spirituale quale elemento per discriminare gli individui in "consapevoli" e "inconsapevoli", come se avesse un carattere iniziatico. Di fatto, ogni essere umano possiede un suo grado di autoconsapevolezza e, come tale, può crescere progressivamente sempre di più; in altri termini ognuno può diventare, gradualmente, sempre più consapevole di sé. La consapevolezza permette all'individuo di comprendere di più e meglio, la sua realtà interiore e il suo funzionamento con gli altri; lo rende, altresì, in grado di prendere delle decisioni più sentite e consone alla sua realtà: in altri termini, la consapevolezza mette le basi perchè l'individuo possa ragionare con la propria testa e sentire con il proprio cuore ovvero, pone le basi per vivere maggiormente come protagonista della propria vita. Quante volte sentiamo persone dire: "non so bene cosa fare al lavoro: tutti mi dicono che dovrei andarmene perchè mi stanno sfruttando...ma io non so se hanno ragione", "il lavoro non mi soddisfa più, non so cosa fare...","vorrei iscrivermi all'università ma ho le idee confuse", "il mio matrimonio è in crisi ma non so se andare o riprovare", "il mio collega mi ha fatto un torto, non so se è meglio che mi vendichi o che lasci perdere", "vorrei occuparmi di....ma poi come faccio ....", "non so ma tutti sono arrabbiati con me", "quella lì o quello lì ha dei problemi...". Ebbene sono tutte espressioni differenti che rivelano una scarsa consapevolezza di sè. Il processo che porta alla consapevolezza non è facile, forse non è per tutti... ci vuole coraggio a superare la proria zona di comfort, ad andare oltre le propri pensieri limitanti, i pregiudizi, a non temere la solitudine, ad accettare che abbiamo anche dei limiti. E' un processo spesso lungo e tortuoso che richiede tenacia e voglia di rialzarsi tutte le volte che si cade ma in gioco c'è la nostra vita e la possibilità di scegliere cosa fare in modo responsabile.

lunedì 11 novembre 2013

L'importanza di stare nel presente

Ho appena finito di leggere "Il risveglio dell'Intelligenza" di Jiddu Khrishnamurti e vorrei condividere con voi alcune riflessioni sull'importanza di stare nel presente. In modo particolare, l'autore scrive: "E' possibile essere veramente indipendenti? Un tentativo deliberato di meditare non è meditazione. Deve accadere, non può essere provocata. La meditazione non è un gioco della mente, oppure del desiderio o del piacere. Tutti i tentativi di meditazione non sono che il suo esatto diniego. Ogni forma di meditazione porta inevitabilmente all'inganno, all'illusione, perchè il desiderio acceca. Sii solamente consapevole di ciò che stai pensando e facendo e nient'altro. L'abilità del fare sta nel vedere, nell'ascoltare". Queste parole mi hanno colpito perchè per anni ho cercato di fare meditazione ma la mia mente partiva inevitabilmente e andava dietro ai miei pensieri...tra l'altro sempre più confusi. Non mi è mai riuscito di stare nel qui ed ora mentre facevo meditazione fino a quando ho conosciuto Silvia, la mia insegnante reiki, la quale mi ha fatto tenere un diario dove tutti i giorni dovevo chiedermi (e quindi scrivere) in diverse situazioni "cosa provo in questo momento?", "come sto in questo momento?" ... e all'inizio è stata dura perchè non sapevo neppure dare un nome alle mie emozioni! Poi è diventato tutto normale e anche fare meditazione oggi mi riesce facile. Stare nel presente non è facile perchè significa ascoltare ed accettare anche gli ostacoli, la rabbia, la frustrazione, i confitti...tutte cose tendenzialmente cerchiamo di allontanare. E paradossalmente più le allontaniamo più sembrano colpirci. Se le consideriamo parte di noi e smettiamo di giudicarci, allora possiamo accettarle, osservarle e trasformarle in opportunità ... Se è vero che ogni sentiero ha i suoi ostacoli, è anche vero che non dobbiamo per forza ostinarci a seguire sempre gli stessi percorsi. Stare nel presente significa trovare il coraggio di cambiare; Khrishnamurti la considerava una forma di intelligenza.

mercoledì 6 novembre 2013

Perché non si parla di entusiasmo nelle organizzazioni?

Leggendo articoli, libri di management, inserzioni di lavoro ... mi sono chiesta: " come mai le parole che caratterizzano l'organizzazione, il lavoro, l'azienda sono sempre cosi' tristi?"
Perché non si legge mai un'inserzione del tipo " cercasi esperto informatico allegro, positivo, capace di trasferire entusiasmo ecc...ecc..."
Il lessico che caratterizza le organizzazioni e' troppo deprimente ... Suggerirei di sostituire le parole disciplina, autorità, regole, obblighi, ecc... con entusiasmo, passione, coraggio, volontà, desiderio, voglia di imparare, creatività ... Cambiando le parole si può cambiare l'ambiente e si cambia l'ambiente anche le persone cambiano. Cambia la prospettiva; e' piu' facile mettersi in gioco.
Cosi' se al mattino uno si alza con il mal di testa ma sa che ad attenderlo c'e' un ambiente vitale, prende un'aspirina e va al lavoro contento ma se l'ambiente e' deprimente e' meglio prendersi tre giorni di malattia!
Entusiasmo e' sempre un vantaggio competitivo, usiamolo!
Il termine entusiasmo deriva dal greco enthumos che significa ardore, ardire, coraggio, riconoscere lo spirito dentro di noi, sentirsi posseduti dalla vita. Tutti sono consapevoli di essere vivi; con l'entusiasmo si tratta di sottolinearlo a se stessi e di constatare che, dal momento che chi e' vivo vive, conviene cercare di agire la situazione anziché subirla.
Ora, sento già le voci delle persone che non fanno altro che trovare scuse ed essere incazzate tutto il girano dire "si, ma le persone entusiaste non hanno i piedi per terra, non sono concrete, ecc..ecc...". Chi lo ha detto?
Innanzitutto le persone entusiaste sono positive, danno sempre il meglio di se', non si lamentano ma agiscono nel qui ed ora. Inoltre sanno creare un ambiente di lavoro collaborativo e allego. In fine sanno gioire dei risultati positivi ottenuti e non si giustificano per quelli mancati che diventano al contrario un'occasione per migliorare e migliorarsi.
E' esattamente quello di cui le aziende hanno bisogno oggi: avere persone entusiaste, capaci di non perdersi d'animo, creative, capaci di lavorare in team... La differenza e il successo di un'impresa dipendono dalle persone. Tutto ciò che si può comprare lo possono avere tutti. Quindi, e' ora di tirare fuori il coraggio e cambiare le regole del gioco...iniziamo a cambiare le parole che si usano nelle aziende e tiriamo fuori l'anima!